Le complicanze urologiche della radioterapia per tumore prostatico - Psa alterato

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Le complicanze urologiche della radioterapia per tumore prostatico

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" ..L'indagine su  una malattia  inizia dalla perfetta conoscenza di essa.. "

LA VISITA UROLOGICA INTERATTIVA

Gli uomini con cancro della prostata localizzato possono scegliere tra un ampio range di opzioni terapeutiche che includono :
la prostatectomia radicale,
la radioterapia,
la terapia ormonale,
  • la sorveglianza attiva o una delle terapie più sperimentali.

Se il paziente decide di sottoporsi alla terapia  radiante  c'è un ventaglio di possibilità che include:
la radioterapia convenzionale a raggi esterni,
la radiazione conformazionale a 3 dimensioni (3D-CRT),
la radioterapia a intensità modulata (IMRT)
la brachiterapia con o senza un boost esterno.


Come funziona la radioterapia nella prostata ? Quali sono i suoi effetti sul tessuto prostatico ?
La radioterapia esterna può essere somministrata a dosi differenti che vanno da quelle molto alte (fino a 86,4 Gy) (1), a quelle più conservative (64 Gy) , e con frazionamenti differenti.
La brachiterapia, secondo l'isotopo utilizzato, può raggiungere anche i 160 Gy . È perciò difficile comparare una modalià con l'altra.
Un numero crescente di pazienti con cancro della prostata clinicamente localizzato si sottopone a radioterapia; report statunitensi  registrano  percentuali  dal 23,4% al 26,5% sul totale dei pazienti.
Alcuni uomini scelgono la radioterapia perché ritengono che il rischio d'incontinenza  e di disfunzione erettile sia più basso rispetto alla prostatectomia;  altri vogliono semplicemente evitare un intervento  chirurgico . La radioterapia è maggiormente raccomandata  rispetto alla chirurgia in soggetti di età avanzata o con comorbidità significative.
I tassi di sopravvivenza libera da progressione biochimica per la 3D-CRT e la brachiterapia sono virtualmente sovrapponibili a quelli della prostatectomia radicale per la malattia in stadio precoce, così le morbilità precoci o tardive sono diventate sempre più importanti nella decisione terapeutica .
Le radiazioni uccidono le cellule in molti modi differenti, ma il meccanismo più importante è l'interazione delle radiazioni  ionizzanti con le molecole d'acqua a formare radicali liberi. Questi radicali liberi causano rotture delle catene di DNA che, a loro volta, causano aberrazioni cromosomiche che esitano  nella morte della cellula al momento della riproduzione.
La radiazione provoca anche un danno normale. Questo danno subletale da radiazione causa una progressiva endoartertire che porta all'ipossia e all'ischemia del tessuto.
Il cedimento del tessuto si verifica a causa dell'incapacità di sostituire il collagene  e la perdita cellulare. Una volta che il tessuto irradiato si alteri in maniera significativa, è improbabile che guarisca.
Nel tratto urinario inferiore questi effetti si trasformano in cistite cronica con ulcerazione mucosa e contrattura della vescica.(La cistite attinica)
Picnogen (mix di antiossidanti a base di resvetrarolo, propoli, mangostano, pino massoniano), Mirtiman (mirtillo americano ad alti dosaggi) possono essere utilizzati per coadiuvare i trattamenti della cistite attinica.
Gli scopi della radioterapia per la prostata sono di dare la più alta dose possibile al bersaglio risparmiando le strutture circostanti. C'è una chiara risposta dose dipendente alle radiaterapia che esita in un maggior numero di cellule uccise con una dose maggiore d'irradiazione, che si traduce in una migliore sopravvivenza libera da progressione biochimica. Sfortunatamente  l'aumento della dose e la maggior tossicità sono in correlate, specialmente nei riguardi del retto.
a prostata è localizzata profondamente nella pelvi, circondata da svariate strutture critiche, o organi a rischio, che rendono difficile un'irradiazione sicura e nello stesso tempo efficace.
La vescica, il collo vescicale, il retto e le teste femorali sono in stretta prossimità con la prostata e la loro tolleranza alle radiazioni è il principale fattore limitante della dose che può essere somministrata. Specialmente il retto è molto sensibile e la maggior parte degli sforzi tecnologici è rivolta a cercare di limitarne il più possibile l'esposizione.
Il volume clinico da irradiare (PTV) è inteso come l'intera prostata con alcune porzioni delle vescicole seminali e alcune estensioni extraparenchimali. Dato che nessun piano è perfetto, un volume maggiore è aggiunto al volume clinico ideale per tenere in considerazione una variazione giornaliera nella preparazione del paziente, nel grado di riempimento della vescica e del retto e la possibile estensione oltre la prostata, che è lo scopo della pianificazione del volume di trattamento pianificato (PTV). La determinazione del miglior PTV è un atto di bilanciamento. Il PVT deve essere sufficiente a coprire il tumore, ma aumentare i suoi margini elevando  anche la quota di tessuto sano irradiato.
La radioterapia convenzionale (2D), la 3D-CRT e l'IMRT (radioterapia a intensità modulata) sono tutte forme di tratta con raggi X ad alta energia emessi da una fonte esterna e diretti sul bersaglio. La differenza sta nel metodo di pianificazione del trattamento.
In generale, l'età e le condizioni di salute  non escludono un paziente dall'effettuare una radioterapia esterna.
Tuttavia, la radioterapia con intento curativo per il trattamento del cancro della prostata è controindicata in uomini che abbiano in anamnesi una malattia infiammatoria  cronica intestinale o una precedente irradiazione della pelvi

La radioterapia 2D
Per la radioterapia convenzionale 2D sono state usate pellicole radiografiche per creare il campo d'irradiazione. La prostata non è visibile alla radiografia normale e quindi devono essere usati altri punti di riferimento per disegnare il campo d'irradiazione. L'anatomia ossea della pelvi è usata per stimare la localizzazione della prostata. Anche l'introduzione di mezzo di contrasto nel retto o nella vescica può essere utile in questo campo, anche per identificare e disegnare meglio gli organi a rischio. Sono usate molteplici regolazioni dei fasci radianti e quella più tipica include i campi in proiezione anteriore, poste laterale destra e laterale sinistra, conosciuta comunemente come tecnica dei quattro campi contrapposti (4-field box). Con questa tecnica una porzione significativa di tessuto sano rimane inclusa nel campo di radiazione, dato che si devono tenere margini più larghi per assicurare la copertura dosimetrica e perché non è possibile tenere in considerazione l'anatomia pelvica nelle sue 3 dimensioni. Conseguentemente, la radioterapia  convenzionale per il cancro della prostata è limitata a 70 Gy o meno per prevenire un'eccessiva dose al retto, molto radiosensibile  La tecnica convenzionale è la più semplice da pianificare, ma è considerata obsoleta a causa della limita della dose e dell'elevata incidenza di complicanze.

La Radioterapia conformazionale 3D (tridimensionale)
La 3D-CRT ha rappresentato un vero e proprio balzo in avanti per quanto riguarda la somministrazione delle radiazioni ionizzanti.
Quando si stabilisce un piano terapeutico, la tomografia computerizzata (la TAC) ne è parte integrante. Tutti gli organi pelvici e la prostata sono identificati e contornati scansione dopo scansione e infine ricostruiti in un'immagine volumetrica. Dato che la tomografia computerizzata è molto più accurata nel descrivere  l'esatta localizzazione del tessuto normale e delle sue interfacce con il tessuto bersaglio, possono essere usati margini di trattamento molto più piccoli.
Campi personalizzati con raggio  di prospettiva sono disegnati per attenersi accuratamente al bersaglio, in modo tale da limitare il più possibile l'esposizione del tessuto sano circostante. Spesso sono usate intersezioni di 6-8 campi. In combinazione fra loro i margini di trattamento più contenuti e i campi multipli personalizzati permettono di somministrare dosi molto maggiori con una minor inclusione di tessuto sano).
Questa informazione è importante, poiché è ben noto che una maggiore dose di radiazione porta a un migliore controllo di malattia .
Si possono creare mappe volumetriche di dosaggio di radiazione per ogni paziente. Queste mappe permettono una precisa stima della dose reale somministrata al tessuto e la creazione di un istogramma dose/volume (DVH). Un DVH mostra esattamente  quanta dose di radiazione è stata data a un determinato volume di tessuto. Ciò permette al radioterapista di valutare prima della terapia se l'intero volume del bersaglio sarà adeguatamente coperto e quanta dose sarà data al tessuto normale. Il DVH può essere usato per aumentare il piano di radiazione aggiustando i campi multipli per creare una più precisa caduta della dose al di là del PTV. Dosi fino a 80 Gy possono essere somministrate abbastanza agevolmente e con pochi effetti collaterali con la 3D-CRT .
La radioterapia ad intensità modulata (IMRT)
La radioterapia a intensità modulata (IMRT) è una forma avanzata di 3D-CRT che impiega un gran numero di campi indipendenti o «beamlets» di tarature differenti sommini con un dispositivo (un collimatore multi-lamellare) che modifica l'intensità del raggio all'interno al campo stesso. Un collimatore multi-lamellare è formato da una serie di numerosi piccoli blocchi (lamelle di sbarramento dei raggi) posizionati dentro o fuori il campo dal computer programmatore.
Multipli collimatori multi-lamellari sono combinati fra loro per specificare l'ampiezza del campo totale di irradiazione. Si differenzia dalla 3D-CRT, che non può modificare l'intensità della radiazioni all'interno di un dato campo. Si aumenta così ulteriormente la possibilità di somministrare più radiazione al bersaglio, limitando la dose alle strutture sane circostanti.
Un ulteriore significativo vantaggio dell'IMRT rispetto alla 3D-CRT è che si usa una pianificazione inversa del trattamento.
Per prima cosa viene eseguita un tac per creare un'immagine  3D ad alta risoluzione. La distribuzione della dose desiderata alla prostata è definita basandosi sui parametri clinici e contemporaneamente vengono poste restrizioni nei confronti delle strutture sane circostanti. In seguito, il programma del computer crea una serie di schemi di modulazione a ogni angolazione  del raggio per raggiungere l'obiettivo di raggiungimento della dose prescritta.
Questo processo è differente nella 3D-CRT in cui il piano di trattamento viene dapprima creato e successivamente testato per precisione con il DVH. Per qualsiasi cambiamento il piano deve essere completamente ricalcolato e il DVH rivalutato di conseguenza. Piani di cura più complessi possono richiedere diversi tentativi prima che si possa raggiungere un risultato accettabile, mentre la pianificazione all'inverso permette la creazione di specifici obietti dosimetrici, prima che il piano di radiazione sia generato. Usando l'IMRT, sono state somministrate in modo sicuro dosi fino a 86,4 Gy.
Sfortunatamente, c'è un significativo controbilanciamento tra colpire il bersaglio ed evitare le strutture critiche adiacenti. La dose data alla prostata non è completa omogenea e gli organi vicini ricevono comunque una dose di radiazione. Anche con il piano al contrario, un «piano perfetto» non può essere creato.
L'IMRT ha un maggior numero di campi e, quindi, un più grande volume di tessuto sano è esposto a una dose minore. In questo modo però, il volume totale di corpo esposto alle radiazioni è aumentato, primariamente a causa delle perdite di radiazione. Come risultato di questa maggior diffusione di radiazione, il rischio calcolato di neoplasie maligne causate dall'IMRT è aumentato. Il rischio di indurre neoplasie da radiazione è stimato essere di circa 1'1,7% per la radioterapia convenzionale e fino al 5,1% per l'IMRT, usando raggi X a 18 MV .
Le neoplasie maligne secondarie non sono inconsistenti specialmente considerando l'aumento della longevità dei pazienti con cancro della prostata.
Il carcinoma vescicale invasivo ha causato un abbassamento della sopravvivenza totale e di quella cancro-specifica in un gruppo di pazienti a un intervallo medio di 5 anni dalla fine della radioterapia esterna per cancro della prostata, rispetto a una coorte che non aveva effettuato la radioterapia.
Per quanto si conosce, non ci sono trial randomizzati controllati a lungo termine che abbiano mostrato la superiorità dell'IMRT sulla 3D-CRT in termini di controllo della malattia o di sopravvivenza. I più piccoli margini del trattamento in teoria dovrebbero esitare in un minor numero di complicanze rettali e urinarie, ma ciò deve ancora essere definitivamente provato. L'IMRT è disponibile solo in pochi centri negli Stati Uniti (e anche in Italia; N.d.T.). È. più costosa rispetto alla 3D e richiede uno staff altamente specializzato.
La brachiterapia
La brachiterapia negli anni Settanta era inizialmente somministrata da un'inserzione a mano libera dei semi del radionuclide  125 I dopo l'esposizione chirurgica della prostata e la dissezione dei linfonodi pelvici . E' stato però registrato un alto tasso di fallimento locale e dunque il suo uso è decaduto.
Negli anni Ottanta sono emerse molte nuove tecnologie che hanno rinnovato l'interesse per questa forma di radioterapia altamente focalizzata. La pianificazione con ecografia transrettale e l'impianto per via trans-perineale dei semi con l'uso di un «template» sagomato hanno rivoluzionato la moderna brachiterapia. Sono inoltre disponibili software di pianificazione  che permettono di calcolare il numero ideale di semi da utilizzare e di selezionarne la loro posizione e distribuzione .
Negli ultimi quindici anni c'è stato un aumento lineare del numero  di uomini che scelgono questa terapia per il cancro della prostata localizzato. Il  103 Pd e lo  125 I sono i due isotopi più comunemente usati. Il 103 Pd ha un'emivita corta, di 17 giorni mentre lo  125 I ha un'emivita di 60 giorni.
L'impianto si attua con paziente sotto anestesia generale o locale (generalmente spinale o peridurale; N.d.T.), e tipicamente  vengono inseriti nella prostata da 75 a 100 semi tramite aghi per via trans-perineale usando una sagoma perineale.
Ognuno di questi semi lentamente emette radiazioni in un piccolo volume di tessuto e dunque un impianto il più possibile preciso è di vitale importanza per il controllo locale del tumore e per prevenire la tossicità. È ora ben noto che i tassi di successo e complicanze sono altamente dipendenti dalla qualità dell'impianto che a sua volta è legata all'abilità dell'operatore .
Sfortunatamente, c'è una grande variabilità nella dose uretrale e rettale perché il collocamento della sorgente leggermente troppo vicina all'uretra e al retto, rispetto al previsto, può aumentare significativamente la dose a queste strutture, essendoci un ripido gradiente di dose vicino alla sorgente.

Complicanze
Le complicanze legate alla radioterapia sono la maggior parte delle volte espresse usando i criteri di tossicità del Radiation Therapy Oncology Group
Come regola generale i gradi sono definiti come:
grado O — nessun sintomo;
grado 1 — sintomi minori che non richiedono trattamento;
grado 2 — sintomi che rispondono a semplici trattamenti ambulatoriali e non inficiano lo stato di salute generale;
grado 3 — sintomi rilevanti che affliggono la vita quotidiana e possono richiedere un ricovero in ospedale per diagnosi o intervento chirurgico minore;
grado 4 — necessità di intervento di chirurgia maggiore (laparotomia, colostomia, cistectomia) o lunga degenza in ospedale;
grado 5 — complicanze fatali (2).
Le complicanze della brachiterapia non sono demarcate come nella  radioterapia. Sono considerate acute, se avvengono durante il primo anno, ma anche quelle che persistono dopo l'impianto sono considerate acute indipendentemente dall'intervallo di tempo.












Complicanze
sono risolti in un periodo variabile dalle 4 alle 6 settimane, persistendo per più di 1 anno nel 31% del gruppo trattato con brachiterapia con una persistenza mediana di 23 mesi.
I sintomi più comuni dopo brachiterapia con o senza boost esterno sono frequenza, nicturia e disuria (28). La tossicità è di grado 1 dal 23% al 37,5% degli uomini, quella di grado 2 dal 41% al 45% e quella di grado 3 dal 2,2% al 20% (33, 39). La disuria, sintomo non valutato con l'ADA-SI, si pre¬senta nell'85% degli uomini a 1 mese (40). Globalmente, il 93% degli uomini segnala un peggioramento nell'AUA-SI a 3 mesi. Questi sintomi migliorano gradualmente, ma a 1 anno due terzi degli uomini riporta ancora una diminuzione della funzionalità minzionale in confronto al basale (41). I sintomi perdurano in generé da 9 a 12 mesi (26, 28, 39) e aver ricevuto una radioterapia esterna non influisce sul tasso o la durata dei LUTS acuti (33, 35). Un maggior numero di semi impiantati (39) e/o un volume prostatico maggiore di 35 cc (33) è un confermato fattore di rischio peggiorativo per i LUTS dopo brachiterapia all'analisi multivariata. La severità pre-impian¬to dei LUTS in base all'AUA-SI è la situazione più stret¬tamente associata con LUTS post-impianto peggiori (26, 33). Il tipo d'isotopo ("Pd vs. 125I) non sembra portare a differenze (33, 39).
I LUTS che quasi invariabilmente compaiono dopo brachi¬terapia possono essere trattati. Gli stessi principi generali si applicano ai LUTS legati al trattamento radioterapico come a tutti gli altri tipi di LUTS, vale a dire escludere la presenza di IVU attraverso l'urinocoltura, escludere ostruzioni infrave¬scicali con l'uroflussotnetria e la valutazione del residuo post¬minzionale, eliminare irritanti vescicali (caffeina, alcol) e usare FANS per aiutare ad alleviare la frequenza e l'intensità della di¬suria (42). Merrick e collaboratori hanno compiuto uno studio randomizzato su 234 uomini che hanno ricevuto la brachitera¬pia da sola, di questi, 142 hanno assunto alfa-bloccanti come profilassi 2 settimane prima dell'impianto e 92 hanno assunto il farmaco solo in caso di sintomi ostruttivi (43). In entrambi i gruppi PI-PSS ha subito un picco a 1 mese, ma è ritornato a livelli basali in media in 3 mesi con una mediana di 4 mesi nel gruppo trattato con profilassi, mentre i sintomi si sono risolti con mediana di 6 mesi e una media di 10 nel gruppo che ha assunto il farmaco a domanda. Sfortunatamente la necessità di TURP o di posizionamento di catetere dopo 3 giorni non è stato influenzato dalla tempistica dell'uso degli alfa-bloccanti. Un miglioramento analogo viene riferito per la disuria in caso di profilassi con alfa-bloccanti (40). Se un paziente è già in terapia con alfa-bloccanti e continua ad avere urgenza e frequenza, ma non ha ritenzione urinaria, può essere ten¬tata con cautela una terapia antimuscarinica con stretto monitoraggio del residuo post-minzionale.
La ritenzione dopo EBRT è rara, ma è molto più comune dopo brachiterapia, con la necessità di posizionare un ca¬tetere per più di pochi giorni dal 2,2% al 24% dei pazienti (4, 10, 26, 33, 34, 39, 44, 45). La ritenzione compare tipi¬camente dopo 1 giorno dall'impianto (4, 44) e ha una du¬rata mediana di 6,25 mesi (44). Il fattore che maggiormente contribuisce a questa ritenzione urinaria non è la radiazione, il che è ovvio, in quanto si verifica 1 giorno dopo l'inizio della

terapia quando solo una frazione molto piccola di radiazione è stata rilasciata. L'eziologia è stata supposta essere una combi¬nazione fra gli eventuali sintomi ostruttivi preesistenti legati all'iperplasia prostatica benigna, gli agenti anestetici e il trau¬ma prostatico legato all'impianto dei semi e agli aghi (4).
Vi sono parecchi fattori di rischio per la ritenzione urinaria dopo brachiterapia ben studiati e giacché il trattamento della ritenzione è denso di difficoltà, la selezione del paziente per la brachiterapia è estremamente importante. All'analisi multi-variata il punteggio sulla scala AUA-SI prima della proce¬dura è stato identificato come il fattore singolo maggior¬mente predittivo per la ritenzione post-procedura (4, 26, 44). Il rischio di ritenzione è fino al 29% per I-PSS di 29 o più prima dell'impianto, dell'H% tra 10 e 19 e del 2% se l'I-PSS è meno di 10 (4). Altri fattori di rischio individuati all'analisi multivariata sono il volume prostatico (29, 39, 44), la terapia neoadiuvante ormonale (4) e il numero di semi usati (39), ma questi sono stati tutti messi in discussione in altri trial (42).
La ritenzione dopo brachiterapia è notoriamente difficile da trattare. L'uso pre-operatorio di alfa-bloccanti non è protettivo nei confronti della ritenzione che dura più di 3 giorni o della necessità di TURP (43). Non ci sono buone evidenze nell'uso di desametasone o di prednisone a basse dosi per ridurre l'edema da brachiterapia e migliorare la ritenzione (42). L'urologo si può avvalere di poche soluzioni. Un Foley transuretrale o un catetere sovrapubico è spesso la prima scelta, con la consapevolezza che in molti casi la ritenzione si può risolvere spontanea¬mente con il tempo.
Uomini con ritenzione dopo brachiterapia spesso si presen¬tano entro pochi giorni dall'impianto con incapacità alla min¬zione o incontinenza paradossa. Devono essere inizialmente trattati con il posizionamento di un catetere la somministra¬zione di alfa-bloccanti (43) e possibilmente di inibitori della 5a-reduttasi (Fig. 1) (44).
Le possibili altre cause di ritenzione acuta dopo brachiterapia devono essere escluse, come per esempio l'IVU, la ritenzione da coaguli o da tessuto necrotico. Se il paziente non riesce a mingere spontaneamente dopo 1 o 2 settimane, deve essere presa in considerazione la cateterizzazione intermittente pulita in quanto evita la necessità di un catetere permanente ed è più facilmente documentabile la ripresa della minzione spontanea. La grande maggioranza delle ritenzioni post-brachiterapia si risolve spontaneamente senza intervento chirurgico. Prima di prendere in considerazione la chirurgia pub essere eseguita una cistoscopia per identificare l'ostruzione da tessuto necrotico ed escludere la stenosi o la necrosi dell'uretra. Dovrebbe essere eseguito anche uno studio urodinamico pressione/flusso per valutare l'ostruzione e la presenza di una normale contrattilità della vescica.
La TURP è richiesta dopo brachiterapia dal 2,3% al 6,6% dei pazienti (4, 34, 46). La TURP dovrebbe essere posticipata il più al lungo possibile e l'intervento nei primi 12 mesi è caldamente sconsigliato (42). Questo periodo di atte¬sa è necessario in quanto l'uretra irradiata tende a guarire con difficoltà e le complicanze come stenosi e incontinenza non sono rare.

Complicanze acute della radioterapia

Frequenza minzionale aumentata


 Nel 73% degli uomini dopo 3D-CRT e dal 66% all'81% dopo IMRT

Urgenza

Nicturia

Ritenzione urinaria

Rara 0,00 -0,08 %

Complicanze acute della brachiterapia

Frequenza minzionale aumentata


 Nel 73% degli uomini dopo 3D-CRT e dal 66% all'81% dopo IMRT

Urgenza

Nicturia

Ritenzione urinaria

Rara 0,00 -0,08 %

I sinto acuti più comuni dopo qualsiasi forma di radioterapia a fasci esterni  sono:
La  frequenza,
l'urgenza minzionale
Nicturia
ritenzione urinaria (rara)
Diminuiscono rapidamente.
A un mese solo il 25% degli uomini ha ancora sintomi e in 4 mesi questi sintomi acuti sono risolti in quasi tutti.
Ci sono parecchi fattori prognostici che aumentano il rischio di complicanze genitourinarie dopo radiazione esterna, incluso una peggiore funzionalità GU pretrattamento , la presenza di sintomi ostruttivi , o un trattamento  ormonale neoadiuvante.
Aspettando la risoluzione di questi sintomi, sono comunemente  somministrati Fans , alfalitici, ma di recente anche integratori  con principi attivi a base di bromelina, Estratto di Mirtillo rosso , estratti di uva ursina dotati di  minori effetti collaterali.
Si citano alcuni esempi di trattamento:

Pradif 1 cps al mattino
Mirtiman 1 cpr al mattino + 1 cps alla sera per tre mesi

Pradif 1 cps al mattino
Coliman 2 cpr alla sera prima di andare al letto

Pradif cps 1 cps al mattino
Aposer  1 bustina al mattino + 1 bustina  alla sera per trenta giorni

Pradif 1 cps al mattino
Picnogen 1 cps al mattino + 1 cps alla sera per trent giorni

Qualora nel paziente sottoposto a terapia radiante o brachiterapia siano già preenti segni di LUTS , il loro trattamento avverrà come previsto per la cura dei LUTS aderendo agli stessi principi generali . Si deve quindi :
1. Escludere la presenza di Infezioni Vie Urinarie  attraverso l'urinocoltura
2. Escludere ostruzioni infravescicali con l'uroflussometria e la valutazione del residuo post-minzionale
3. Eliminare irritanti vescicali (caffeina, alcol) e usare FANS/INTEGRATORI  per aiutare ad alleviare la frequenza e l'intensità della disuria.
La ritenzione URINARIA  dopo radioterapia è rara
La ritenzione urinaria dopo brachiterapia è più frequente e ci può essere la necessità di posizionare un catetere per più di pochi giorni nel  2,2% al 24% dei pazienti.
La ritenzione compare tipicamente dopo 1 giorno dall'impianto e ha una durata mediana di 6,25 mesi.
Il fattore che maggiormente contribuisce a questa ritenzione urinaria non è la radiazione, difatti si verifica 1 giorno dopo l'inizio della terapia quando solo una frazione molto piccola di radiazione è stata rilasciata,  ma la combinazione fra gli eventuali sintomi ostruttivi preesistenti legati all'iperplasia prostatica benigna, gli agenti anestetici e il trauma prostatico legato all'impianto dei semi e agli aghi.

Complicanze acute della brachiterapia. La brachiterapia por dosi molto alte all'uretra e la dose per il bersaglio centrale può essere da 2 a 5 volte più alta rispetta alla tipica dose totale alla prostata di 150 Gy. Dosi alte nel centro non sono clinica importanti quando si usa la brachiterapia su un volume solido, ma la prostata non è un volume solido. Nella prostata una struttura normale come l'uretra attraversa il bersaglio e la massima dose centrale uretrale può essere associata con un rischio aumentato di morbilità di grado da 2 a 3 (28).
In confronto alla radioterapia esterna, la brachiterapia ha sintomi urinari acuti significativamente più duraturi. Zelefsky e collaboratori hanno confrontato un gruppo di pa a basso rischio trattati con 3D-CRT o brachiterapia con 125I (10). Sintomi urinari di grado 2 o maggiore si sono pre nel 42% dei pazienti dopo 3D-CRT e nel 38% dopo brachiterapia. Nel gruppo trattato con 3D-CRT i sintomi si
sono risolti in un periodo variabile dalle 4 alle 6 settimane, persistendo per più di 1 anno nel 31% del gruppo trattato con brachiterapia con una persistenza mediana di 23 mesi.
I sintomi più comuni dopo brachiterapia con o senza boost esterno sono frequenza, nicturia e disuria (28). La tossicità è di grado 1 dal 23% al 37,5% degli uomini, quella di grado 2 dal 41% al 45% e quella di grado 3 dal 2,2% al 20% (33, 39). La disuria, sintomo non valutato con l'ADA-SI, si pre¬senta nell'85% degli uomini a 1 mese (40). Globalmente, il 93% degli uomini segnala un peggioramento nell'AUA-SI a 3 mesi. Questi sintomi migliorano gradualmente, ma a 1 anno due terzi degli uomini riporta ancora una diminuzione della funzionalità minzionale in confronto al basale (41). I sintomi perdurano in generé da 9 a 12 mesi (26, 28, 39) e aver ricevuto una radioterapia esterna non influisce sul tasso o la durata dei LUTS acuti (33, 35). Un maggior numero di semi impiantati (39) e/o un volume prostatico maggiore di 35 cc (33) è un confermato fattore di rischio peggiorativo per i LUTS dopo brachiterapia all'analisi multivariata. La severità pre-impian¬to dei LUTS in base all'AUA-SI è la situazione più stret¬tamente associata con LUTS post-impianto peggiori (26, 33). Il tipo d'isotopo ("Pd vs. 125I) non sembra portare a dif¬ferenze (33, 39).
I LUTS che quasi invariabilmente compaiono dopo brachi¬terapia possono essere trattati.
Vi sono parecchi fattori di rischio per la ritenzione urinaria dopo brachiterapia ben studiati e giacché il trattamento della ritenzione è denso di difficoltà, la selezione del paziente per la brachiterapia è estremamente importante. All'analisi multi-variata il punteggio sulla scala AUA-SI prima della proce¬dura è stato identificato come il fattore singolo maggior¬mente predittivo per la ritenzione post-procedura (4, 26, 44). Il rischio di ritenzione è fino al 29% per I-PSS di 29 o più prima dell'impianto, dell'H% tra 10 e 19 e del 2% se l'I-PSS è meno di 10 (4). Altri fattori di rischio individuati all'analisi multivariata sono il volume prostatico (29, 39, 44), la terapia neoadiuvante ormonale (4) e il numero di semi usati (39), ma questi sono stati tutti messi in discussione in altri trial (42).
La ritenzione dopo brachiterapia è notoriamente difficile da trattare. L'uso pre-operatorio di alfa-bloccanti non è protettivo nei confronti della ritenzione che dura più di 3 giorni o della necessità di TURP (43). Non ci sono buone evidenze nell'uso di desametasone o di prednisone a basse dosi per ridurre l'ede¬ma da brachiterapia e migliorare la ritenzione (42). L'urologo si può avvalere di poche soluzioni. Un Foley transuretrale o un catetere sovrapubico è spesso la prima scelta, con la consapevo-lezza che in molti casi la ritenzione si può risolvere spontanea¬mente con il tempo.
Uomini con ritenzione dopo brachiterapia spesso si presen¬tano entro pochi giorni dall'impianto con incapacità alla min¬zione o incontinenza paradossa. Devono essere inizialmente trattati con il posizionamento di un catetere la somministra¬zione di alfa-bloccanti (43) e possibilmente di inibitori della 5a-reduttasi (Fig. 1) (44).
Le possibili altre cause di ritenzione acuta dopo brachiterapia devono essere escluse, come per esempio l'IVU, la ritenzione da coaguli o da tessuto necrotico. Se il paziente non riesce a mingere spontaneamente dopo 1 o 2 settimane, deve essere presa in considerazione la cateterizzazione intermittente pulita in quanto evita la necessità di un catetere permanente ed è più facilmente documentabile la ripresa della minzione spontanea. La grande maggioranza delle ritenzioni post-brachiterapia si risolve spontaneamente senza intervento chirurgico. Prima di prendere in considerazione la chirurgia pub essere eseguita una cistoscopia per identificare l'ostruzione da tessuto necrotico ed escludere la stenosi o la necrosi dell'uretra. Dovrebbe essere eseguito anche uno studio urodinamico pressione/flusso per valutare l'ostruzione e la presenza di una normale contrattilità della vescica.
La TURP è richiesta dopo brachiterapia dal 2,3% al 6,6% dei pazienti (4, 34, 46). La TURP dovrebbe essere postici¬pata il più al lungo possibile e l'intervento nei primi 12 mesi è caldamente sconsigliato (42). Questo periodo di atte¬sa è necessario in quanto l'uretra irradiata tende a guarire con difficoltà e le complicanze come stenosi e incontinenza non sono rare.
L'incidenza d'incontinenza dopo una TURP post-braclii  
terapia varia dallo 0% (4, 44) al 17% (33) ma può arrivare al 70% (47). Se la TURP fosse assolutamente necessaria, do essere praticata una resezione minima. Il collo vescicale deve essere mantenuto alle ore 5 e 7 al fine di mantenere il flusso sanguigno all'uretra prostatica. Anche l'apice deve essere resecato con grande attenzione perché potrebbero essere stati impiantati dei semi in prossimità dello sfintere esterno e averlo già danneggiato (29). Terk e collaboratori hanno eseguito delle TURP usando questa tecnica e non hanno riferito incontinen (4).






Complicanze tardive dopo EBRT.
La tossicità tardiva (> 3 mesi dopo il termine della terapia) dopo radioterapia esterna è sfortunatamente comune. Complicanze gastrointestinali come tenesmo rettale, sanguinamento, ulcere e incontinenza fecale si verificano nel 37% degli uomini dopo 3D-CRT a 64 Gy e nel 56% dopo radioterapia convenzionale a 64 Gy (p = 0,0004) (2). Queste complicanze si sono ridotte grazie alla schermatura del retto (48) e più di recente con l'IMRT (30). In una revi evidence based delle complicanze dopo 3D-CRT e ra convenzionale, la 3D-CRT risulta associata con una significativa riduzione della morbilità tardiva rettale, special quando vengono compiuti sforzi per ridurre la dose alla parete rettale (20). Le complicanze GI tendono ad avere un picco a 2 anni, dopo dei quali è raro che si manifesti una nuova complicanza GI (49). Sfortunatamente, le complicanze geni continuano a emergere nella seconda decade dopo EBRT (49) e si presentano in media 22,7 mesi dopo la terapia, significativamente in modo più tardivo rispetto ai sintomi GI (36). Dopo radioterapia convenzionale, complicanze tardive di grado 1 si presentano nel 33% dei casi (2), di grado 2 dall'8% al 23% (2, 14), e di grado 3 dal 4 al 5% (14). Dopo 3D-CRT, complicanze di grado 1 si presentano dal 21% aI 36% dei casi (2, 50) grado 2 dal 6% al 30% (2, 36, 37, 48, 50) e di grado 3 dal 2 al 4% (48, 50). A differenza dei sintomi GI, non c'è dif tra il tasso di complicanze tardive GU dopo 3D-CRT e dopo radioterapia convenzionale (2, 20, 36). Le complicanze GU non aumentano quando vengono usate dosi crescenti (14, 37) e non sono ridotte dalla schermatura rettale (48).
Le complicanze tardive dopo IMRT sono state caratterizzate meno accuratamente rispetto a quelle dopo 3D-CRT in quan il follow-up è minore nella maggior parte degli studi e solo un numero limitato di centri utilizza l'IMRT.
Attenendoci alle conoscenze sin qui acquisite, non ci sono studi randornizzati controllati che comparano direttamente l'IMRT alla 3D-CRT. Le complicanze GU tardive di grado 1 si presentano dal 4,3% al 16% dei casi, di grado 2 dal 3,2% al 13% e di grado 3 dallo O al 3% (1, 30-32, 51). In uno stu non randomizzato su 1100 pazienti sono state compara IMRT e 3D-CRT: l'uso dell'IMRT non ha avuto impatto sull'incidenza di tossicità urinaria, mentre il tasso di compli rettali è stato significativamente minore (52). Basandosi sulla pianificazione del PTV, l'IMRT fa sì che sia esposta meno vescica rispetto alla 3D-CRT, ma la dose all'uretra rimane la stessa in quanto la tecnologia avanzata dell'IMRT non può ri Sebbene la dose somministrata al collo vescicale possa avere un ruolo nei sintomi, la dose all'uretra è un deter più critico rispetto a questo end point (32). Per questa
ragione le complicanze uretrali e vescicali sono simili in tutte le forme di EBRT (7).
Nelle analisi multivariate i fattori che predicono una più elevata tossicità GU tardiva dopo EBRT includono un peg livello di sintomi pre-trattamento (37), la deprivazione androgenica neoadiuvante (36, 37) e il diabete mellito (53). A 3 anni dopo la radioterapia, i sintomi più comuni sono urgenza, frequenza, disuria e nicturia, che sono riportate fino al 45% degli uomini (2). Una nicturia maggiore di 4 volte per notte è presente tra 111% e il 24% dei pazienti (37, 54), una disuria che richiede terapia farmacologica tra il 6% e il 16% (37, 54) mentre una frequenza urinaria > 15 minzioni al giorno si sviluppa nel 2-3% dei pazienti (37). Una riduzione nel volume di eiaculazione è stata notata in tutti gli uomini dopo qualsiasi tipo di radioterapia prostatica, anche se la po è mantenuta (7). L'insorgenza tardiva dei LUTS avviene in media 22,7 mesi dopo I'EBRT prostatica (36). Le IVU e l'ostruzione urinaria devono essere escluse e se ví è in concomi ematuria, dovrebbero essere eseguite indagini di secondo livello come la cistoscopia e l'imaging del tratto urinario supe Questi LUTS devono essere trattati con alfa-bloccanti e, se è presente disuria, con FANS. Anestetici urinari sembrano essere meno efficaci (7). I pazienti in cui si è sviluppata un'IVU devono essere strettamente controllati perché sono a rischio per ulteriori episodi (7).
L'urgenza refrattaria, la frequenza e l'incontinenza da urgen sono difficili da trattare ma la combinazione di antimusca e alfa-bloccanti può avere successo. Se i sintomi sono refrattari al trattamento medico, uno studio video-urodinami può escludere una ridotta capacità vescicale, la presenza di trabecolazioni con diverticoli o un'iperattività del detrusore. Una vescica piccola e contratta può esitare in una pressione detrusoriale estremamente elevata e il conseguente possibile reflusso vescico-ureterale può causare danni renali se perdura a lungo. La tossina botulinica e la neuromodulazione sacrale non sono state indagate in questa popolazione e non possono ancora essere raccomandate.


Stenosi uretrale
La stenosi uretrale è una complicanza rara ma fastidiosa che può presentarsi dopo radioterapia prostatica. La severità della stenosi può variare moltissimo, da una piccola stenosi sensibile di dilatazione ambulatoriale fino a un'uretra obliterata che ri una derivazione urinaria.
Il tasso di stenosi uretrale varia dallo 0% al 3% dopo ra esterna (2, 6, 10, 31, 48, 51) e dallo 0% al 14,5% dopo brachiterapia (3, 6, 10, 35). In uno studio che confron la radioterapia esterna can la brachiterapia, l'EBRT ha fatto rilevare un tasso significativamente più basso di stenosi uretrali (1% vs. 7%, p = 0,05) (10). La stenosi uretrale si pre tardivamente dopo la terapia radiante con una lenta riduzione del flusso urinario, urgenza, frequenza o indu o come episodio di ritenzione acuta. La cistoscopia
l'uretrografia retrograda sono entrambe molto accurate per fare diagnosi, ma servono entrambe per pianificare un trattamento basandosi sulla localizzazione, la profondità della spongiofibrosi e la lunghezza della stenosi.
Nell'uretra anteriore una stenosi corta (< 1 cm) si può dila con un palloncino coassiale. Brevi stenosi focali con più fibrosi richiedono un'uretrotomia interna sotto visione diretta (DVIU). Se la stenosi si ripresenta dopo dilatazione con pal o DVIU, il tasso di successo diminuisce e così avviene dopo ogni recidiva (84). Un metodo per allungare il tempo prima di una recidiva implica l'auto-dilatazione giornaliera con un catetere. Una stenosi ricorrente può richiedere un'ure anastomotica. Le stenosi più lunghe possono richie un'uretroplastica con inserimento di mucosa buccale ma in questo caso aumenta il rischio di complicanze. L'uretropla anastomotica o quella con inserzione di lembo fascio-cutaneo hanno avuto successo in 6 pazienti (85). In una serie di stenosi complicate Elliot e collaboratori hanno eseguito una uretroplastica anastomotica su 5 uomini con stenosi uretrale post-attinica < 2 cm e hanno ottenuto un tasso di successo dell'80% (86). L'uretrostomia perineale è stata praticata nei soggetti con stenosi > 2 cm con un tasso di successo del 50%. La precedente esposizione a radiazioni è un fattore di rischio per il fallimento della ricostruzione uretrale e questo gruppo risultò incerto nel sottoporsi a un intervento con lembo libero
con fiap in ragione di una precedente radioterapia che poteva essere causa di ischemia.
Nell'uretra posteriore dopo 2 dilatazioni fallite o un'inci del collo vescicale, una TURP molto accurata rimane il tentativo migliore, anche se difficoltà minzionali e incontinen restano sempre un rischio (87). Il posizionamento di uno stent permanente è stato eseguito con risultati insoddisfacenti e alto tasso di complicanze (86, 88). Nella stessa serie di Elliot e collaboratori la uretroplastica anastomotica fu eseguita con successo in 3 pazienti con prostata in situ e in 2 con precedente prostatectomia radicale (86).
Un'uretroplastica anastomotica sull'uretra posteriore non an eseguita alla leggera poiché l'incontinenza è quasi certa per via del danno allo sfintere e potrebbe rendersi necessario un AUS per correggerla. Se un'uretroplastica anastomotica non si può eseguire per via della lunghezza o della posizione della ste o per la densità della fibrosi, la derivazione urinaria con o senza cistoprostatectomia rimane l'ultima opzione. Se possibile, la vescica andrebbe rimossa in quanto se lasciata in sede ostruita e defunzionalizzata potrebbe essere causa di future complicanze (75). t stato riportato un approccio conservativo della vescica in pazienti con patologie uretrali irrecuperabili; il collo vesci viene chiuso, un'ansa intestinale viene collegata allo stesso creando successivamente stomia cateterizzabile (89).
Il trattamento delle stenosi post-attiniche è aneddotico ed esistono solo poche serie di casi pubblicate. La guida al trattamento dovrebbe essere fornita dalle conoscenze urologiche di base, con la consapevolezza che una stenosi indotta da radiazioni è poco vascolarizzata e quindi più difficile da trattare.
Conclusioni
La radioterapia per il tumore prostatico è un trattamento comune specialmente nei pazienti anziani e in quelli in cui è scarsamente indicata una terapia chirurgica. I differenti meto di somministrazione delle radiazioni hanno le proprie speci complicanze. Fortunatamente, le complicanze severe non sono comuni, ma anche le tossicità minori possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita e devono dunque essere adeguatamente trattate.

l'uretrografia retrograda sono entrambe molto accurate per fare diagnosi, ma servono entrambe per pianificare un trattamento basandosi sulla localizzazione, la profondità della spongiofibrosi e la lunghezza della stenosi.
Nell'uretra anteriore una stenosi corta (< 1 cm) si può dila con un palloncino coassiale. Brevi stenosi focali con più fibrosi richiedono un'uretrotomia interna sotto visione diretta (DVIU). Se la stenosi si ripresenta dopo dilatazione con pal o DVIU, il tasso di successo diminuisce e così avviene dopo ogni recidiva (84). Un metodo per allungare il tempo prima di una recidiva implica l'auto-dilatazione giornaliera con un catetere. Una stenosi ricorrente può richiedere un'ure anastomotica. Le stenosi più lunghe possono richie un'uretroplastica con inserimento di mucosa buccale ma in questo caso aumenta il rischio di complicanze. L'uretropla anastomotica o quella con inserzione di lembo fascio-cutaneo hanno avuto successo in 6 pazienti (85). In una serie di stenosi complicate Elliot e collaboratori hanno eseguito una uretroplastica anastomotica su 5 uomini con stenosi uretrale post-attinica < 2 cm e hanno ottenuto un tasso di successo dell'80% (86). L'uretrostomia perineale è stata praticata nei soggetti con stenosi > 2 cm con un tasso di successo del 50%. La precedente esposizione a radiazioni è un fattore di rischio per il fallimento della ricostruzione uretrale e questo gruppo risultò incerto nel sottoporsi a un intervento con lembo libero
con fiap in ragione di una precedente radioterapia che poteva essere causa di ischemia.
Nell'uretra posteriore dopo 2 dilatazioni fallite o un'inci del collo vescicale, una TURP molto accurata rimane il tentativo migliore, anche se difficoltà minzionali e incontinen restano sempre un rischio (87). Il posizionamento di uno stent permanente è stato eseguito con risultati insoddisfacenti e alto tasso di complicanze (86, 88). Nella stessa serie di Elliot e collaboratori la uretroplastica anastomotica fu eseguita con successo in 3 pazienti con prostata in situ e in 2 con precedente prostatectomia radicale (86).
Un'uretroplastica anastomotica sull'uretra posteriore non an eseguita alla leggera poiché l'incontinenza è quasi certa per via del danno allo sfintere e potrebbe rendersi necessario un AUS per correggerla. Se un'uretroplastica anastomotica non si può eseguire per via della lunghezza o della posizione della ste o per la densità della fibrosi, la derivazione urinaria con o senza cistoprostatectomia rimane l'ultima opzione. Se possibile, la vescica andrebbe rimossa in quanto se lasciata in sede ostruita e defunzionalizzata potrebbe essere causa di future complicanze (75). t stato riportato un approccio conservativo della vescica in pazienti con patologie uretrali irrecuperabili; il collo vesci viene chiuso, un'ansa intestinale viene collegata allo stesso creando successivamente stomia cateterizzabile (89).
Il trattamento delle stenosi post-attiniche è aneddotico ed esistono solo poche serie di casi pubblicate. La guida al trattamento dovrebbe essere fornita dalle conoscenze urologiche di base, con la consapevolezza che una stenosi indotta da radiazioni è poco vascolarizzata e quindi più difficile da trattare.
Conclusioni
La radioterapia per il tumore prostatico è un trattamento comune specialmente nei pazienti anziani e in quelli in cui è scarsamente indicata una terapia chirurgica. I differenti meto di somministrazione delle radiazioni hanno le proprie speci complicanze. Fortunatamente, le complicanze severe non sono comuni, ma anche le tossicità minori possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita e devono dunque essere adeguatamente trattate.


Ematuria
L'ematuria dopo irradiazione pelvica non è comune, ma può essere un problema ricorrente che persiste per decadi dopo la terapia originale e che può significativamente alterare la qualità della vita. Il tasso di ematuria è difficile da determinare dato che la maggior parte della letteratura riporta queste compli usando la scala di classificazione RTOG. Questo tipo di classificazione raggruppa tutte le complicanze insieme, e non in liste separate. Dearnaley e collaboratori hanno valutato l'ematuria in 225 pazienti dopo radioterapia prostatica a 64 Gy (2). Ematuria di grado I tardiva si è presentata nel 3% dei pazienti, di grado 2 nel 4,5% e di grado 3 nello 0,5%. Tassi più elevati di macroematuria richiedenti trasfusioni o folgorazioni sono stati riportati in studi a più lungo termine. In uno studio retrospettivo di uomini seguiti per una media di 13 anni dopo radioterapia prostatica a 77,4 Gy, l'incidenza attuariale di ema di grado 2 o superiore era del 21% a 5 anni e del 47% a 15 anni (49). Ematuria di grado 3 si è verificata nel 3% a 5 anni e nell'8% a 15 anni. Sebbene l'ematuria dovuta alla radioterapia sia infrequente, è un problema comune incontrato dagli urolo dato che è incessantemente progressiva e i trattamenti sono subottimali (55).
De Vries ha suggerito una semplice e pratica classificazione che divide le cistiti emorragiche in 3 categorie (56), che abbia modificato in:
leggera
De Vries ha suggerito una semplice e pratica classificazione che divide le cistiti emorragiche in 3 categorie (56), che abbia modificato in:
leggera - da modesta a nessuna riduzione dell'ematocrito (non sono richieste trasfusioni), risolvibile con misure con (catetere e irrigazione);
moderata diminuzione dell'ematocrito che richiede trasfu (< 6 unità) o che non si risolve con misure conserva
severa
severa - perdita significativa di sangue che richiede 6 o più unità di sangue o con più di 2 fallimenti di folgorazioni en o agenti intravescicali.
Tutti i pazienti devono essere valutati per l'instabilità emodinamica e deve essere posizionato un catetere di gros calibro (22-24 Fr) a 3 vie (Fig. 2). I coaguli devono essere evacuati e va iniziata un'irrigazione continua con soluzio fisiologica.
Devono essere eseguiti dosaggi seriali dell'ema e impostata un'idratazione salina se necessario. Tutti gli antiaggreganti e gli anticoagulanti devono essere sospesi, e si devono tenere monitorati il numero di piastrine e i parametri di coagulazione come PT e PTT. È bene eseguire un'urinocol poiché le infezioni sono comuni dopo terapia radiante e possono causare ematuria significativa. Tutti i pazienti che presentano per la prima volta ematuria dopo radioterapia richiedono una cistoscopia per escludere un carcinoma ve poiché questi pazienti hanno un rischio maggiore (23) per questa patologia di per sé non rara. La cistosco può essere ritardata se il sanguinamento cessa con misure conservative. Dovrebbe essere pianificato anche un imaging del tratto urinario superiore al fine di escludere altre cause di ematuria come per una neoplasia renale o un calcolo.
La cistoscopia con folgorazione dovrebbe essere effettuata immediatamente se il sanguinamento non si risolve con l'ir o se è richiesta una trasfusione o la rimozione di coaguli. La folgorazione durante la cistoscopia è usualmente effettuata mediante semplice diatermia. La cauterizzazione la dei punti di sanguinamento è stata descritta (57), ma si usa raramente in quanto ha pochi vantaggi rispetto alla dia Il pentosanpolisolfato orale, 100 mg 3 volte al giorno, è un farmaco usato comunemente in caso di cistiti interstiziali ed è stato usato con successo in primo linea nel trattamento delle cistiti emorragiche (58). Il meccanismo di azione non è pienamente conosciuto, ma si pensa che agisca rimpiazzando i glicosaminglicani nella superficie della vescica, riducendo l'infiammazione e quindi aumentando i meccanismi di difesa dell'epitelio vescicale. Il farmaco impiega fino a 8 settimane a mostrare i risultati e ha effetti collaterali minimi. L'esperienza è limitata e solo piccoli studi retrospettivi ne hanno riportato l'uso nell'HC (58).
In caso di fallimento dell'irrigazione vescicale e della cisto nella risoluzione dell'ematuria cronica, si può prendere in considerazione l'ossigenoterapia iperbarica. L'HBO 2 è stato
usato per trattare ferite croniche, fascite necrotizzante e procti indotte dalla radioterapia quando la terapia conservativa non ha funzionato. L'HBO 2 aumenta la pressione parziale di ossi nel tessuto, promuovendo l'angiogenesi e di conseguenza l'arrivo dei nutrienti e deí fibroblasti, permettendo il processo di guarigione del danno in tessuti scarsamente vascolarizzati (59).
È stato dimostrato che l'HBO 2 migliora o risolve l'HC in da radiazione dall'81% al 96% dei casi (60, 61), sebbene uno studio di Del Pizzo e collaboratori abbia messo in discus la sua curabilità (62). Nel breve periodo 8 pazienti su 11 (72%) hanno avuto una risposta favorevole, ma dopo una mediana di follow-up di 5,1 anni, solo 3 su 11 (27%) hanno beneficiato di una risposta duratura all'HBO 2 e i 5 rimanenti hanno richiesto una derivazione urinaria. Questo studio en nuovamente il concetto secondo cui il danno da ra è una progressiva endoarterite che prosegue anche molto tempo dopo la fine della terapia. Gli effetti collaterali dell'HBO 2 non sono comuni e includono otalgia e claustrofo (60). Diversamente dalle terapie intravescicali, non causa LUTS, fibrosi della parete vescicale o riduzione della capacità vestitale, ma il trattamento è lungo e costoso e può essere fat solo in centri specializzati. Per questi motivi l'HBO 2 non è usato comunemente e anche se disponibile non può essere at raccomandato per l'HC a causa della sua mancanza di durabilità.
Gli agenti intravescicali rappresentano un'ulteriore opzione in caso di fallimento dell'irrigazione continua o del trattamen endoscopico. Questi agenti sono essenzialmente dei cau chimici per l'intero urotelio (55). La loro utilità è ovvia, dato che l'ematuria indotta da radiazioni è abitualmente diffusa e, quindi, difficilmente controllabile con la diatermia.
L'Alum è un ben noto agente intravescicale per le cistiti da radiazione e da ciclofosfamide. È somministrato in soluzione all'i% con irrigazione continua per 1-4 giorni e non richiede anestesia (55). Gli effetti collaterali più comuni sono il dolore sovrapubico e il tenesmo vescicale che possono essere control usando analgesici o anticolinergici. Anche la febbricola è comune, così come gli aumenti del PT e dell'alluminio sieri L'alluminio può essere assorbito attraverso le pareti di una vescica infiammata e la somministrazione prolungata aumen l'assorbimento (55). La tossicità da alluminio è rara in questa terapia, ma può essere presente come encefalopatia o svenimenti ed è stata riportata in pazienti con una si preesistente insufficienza renale (64). La du della terapia dovrebbe essere limitata e i livelli sierici di alluminio monitorizzati in pazienti con danno renale (64). Eccetto questa rara, potenzialmente devastante, com l'alluminio intravescicale è ben tollerato con minimi effetti collaterali. L'Alum è efficace nella risoluzione completa dell'ematuria acuta fino al 100% dei casi ma le recidive tardive sono comuni (65). Sebbene l'Alum sia spesso indicato come prima scelta nell'irrigazione della vescica per HC (55), i dati sul suo uso sono limitati e tutte le serie riportate sono piccole e senza gruppo di controllo.
La formalina (formaldeide al 37,8%) come soluzione 1-10% è stata usata in passato per trattare le HC. Richiede anestesia generale o spinale, dal momento che è dolorosa. Prima dell'in deve essere eseguito un cistouretroogramma minzio per escludere la presenza di un reflusso vescico-ureterale, poiché la risalita della formalina negli uretri potrebbe esitare in un'ostruzione uretrale e insufficienza renale. Sono comuni do post-procedura, disuria, ridotta capacità vescicale, urgenza e incontinenza da urgenza (66). L'anuria da edema e ostruzio della giunzione uretero-vescicale sono complicanze serie e possono presentarsi anche senza evidenza di reflusso (66). No la sua efficacia nel controllare l'ematuria sia dell'85% (66), la difficoltà nella somministrazione e le complicanze po letali ne fanno una scelta impopolare.
Il nitrato d'argento in soluzione allo 0,25-1,00% è stato usa per il controllo delle HC ma non ci sono report nell'uso delle HC da radiazione. Sono state notate complicanze significative come fibrosi della vescica, stenosi ureterale e ostruzione in caso di reflusso. Come per la formalina, il reflusso vescico-ureterale deve essere escluso in precedenza.
L'acido ialuronico intravescicale (cystistat), la naturale bar protettiva dell'urotelio, è stato utilizzato per trattare le cistiti interstiziali, le cistiti emorragiche e le infezioni ricorrenti del tratto urinario. È attualmente approvato solo in Europa e Canada. Esiste un unico report di una piccola serie di pa in cui l'acido ialuronico è stato utilizzato nelle HC (67). Dei 7 pazienti con HC dopo trapianto di cellule staminali, 5 hanno ottenuto una risposta completa al trattamento. Questa terapia è ben tollerata e, virtualmente, non ha nessun effetto collaterale. A differenza di tutte le altre terapie intravescicali che esitano in una forma di cauterizzazione chimica, l'acido ialuronico facilita la guarigione e la protezione dell'epitelio ve rendendolo una terapia promettente anche se a oggi non ancora ben studiata.
Nell'eventualità di un sanguinamento da HC che metta a rischio la vita del paziente, dopo il fallimento dell'irri vescicale, della terapia intravescicale e della folgo endoscopica, solo l'embolizzazione iliaca interna o la derivazione urinaria con o senza cistectomia rimane un'opzione salvavita. L'embolizzazione dell'iliaca interna è la meno invasiva di queste procedure ma ci sono pochi report sul suo uso nell'HC indotta da radiazioni. Ci sono report sull'embolizzazione dell'arteria iliaca interna per il controllo di ematuria significativa nel cancro inoperabile della vescica, con percentuali di successo variabili dal 75% al 100% dei casi (68, 69). Se l'embolizzazione unilaterale fallisce nel controllo dell'ematuria si può effettuare una procedura bilaterale. Dopo l'embolizzazione dell'iliaca interna c'è un potenziale rischio d'ischemia e necrosi degli altri organi pelvici, specialmente nel contesto di una pelvi precedentemente irradiata. Il dolore al gluteo è comune (69) ma sono stati riportati casi di necrosi della vescica (70), del retto, del plesso lombosacrale e del mu gluteo (71).
Se l'embolizzazione e tutti gli altri metodi di gestione con falliscono nel risolvere l'ematuria, può essere richiesta la derivazione urinaria. Quando l'urina viene deviata dalla ve questa non si distende, riducendosi il rischio di rottura dei fragili vasi superficiali e diminuendo l'apporto vascolare all'organo. Una nefrotomia percutanea può essere posiziona
ta in anestesia locale con o senza redazione ed è in grado di migliorare il quadro di una HC refrattaria fino all'87% dei pazienti entro 10 giorni, con una risposta duratura nel 69%. Se questo approccio ha successo, può essere posizionata una nefrotomia definitiva o le urine possono essere definitivamente derivate con un condotto ileale.
L'ultima risorsa per l'HC refrattaria è la cistectomia con de urinaria. La cistectomia radicale è una chirurgia ad alto rischio di morbilità con il 2% di mortalità e il 22% di morbilità in una serie contemporanea (73). Il tasso di com è significativamente maggiore nei pazienti che hanno ricevuto un'irradiazione della pelvi a scopo curativo (73). Ciò non sorprende poiché questi pazienti hanno compromissioni vascolari causate dalla radioterapia e sono maggiormente debi malnutriti e anemici a causa dell'ematuria refrattaria. La cistectomia semplice è una procedura attuabile con molta meno morbilità, ed è solitamente condotta facilmente a termine anche dopo radioterapia pelvica (74). Lasciare la vescica in situ dovrebbe essere, se possibile, evitato a ogni costo perché tende a dare complicanze significative. In una serie sul destino delle vesciche dopo derivazione urinaria per varie ragioni, si sono verificate complicanze nel 54% dei casi, incluso sanguinamento uretrale (8%), infezioni (13%) e fran
piocisti (33%) (75). Il tasso di complicanze aumenta fino al 67% in vesciche preventivamente irradiate ed emorragie si sono verificate fino al 23% dei casi.
La cistoscopia con folgorazione dovrebbe essere effettuata immediatamente se il sanguinamento non si risolve con l'ir o se è richiesta una trasfusione o la rimozione di coaguli. La folgorazione durante la cistoscopia è usualmente effettuata mediante semplice diatermia. La cauterizzazione la dei punti di sanguinamento è stata descritta (57), ma si usa raramente in quanto ha pochi vantaggi rispetto alla dia Il pentosanpolisolfato orale, 100 mg 3 volte al giorno, è un farmaco usato comunemente in caso di cistiti interstiziali ed è stato usato con successo in primo linea nel trattamento delle cistiti emorragiche (58). Il meccanismo di azione non è pienamente conosciuto, ma si pensa che agisca rimpiazzando i glicosaminglicani nella superficie della vescica, riducendo l'infiammazione e quindi aumentando i meccanismi di difesa dell'epitelio vescicale. Il farmaco impiega fino a 8 settimane a mostrare i risultati e ha effetti collaterali minimi. L'esperienza è limitata e solo piccoli studi retrospettivi ne hanno riportato l'uso nell'HC (58).
In caso di fallimento dell'irrigazione vescicale e della cisto nella risoluzione dell'ematuria cronica, si può prendere in considerazione l'ossigenoterapia iperbarica. L'HBO 2 è stato
usato per trattare ferite croniche, fascite necrotizzante e procti indotte dalla radioterapia quando la terapia conservativa non ha funzionato. L'HBO 2 aumenta la pressione parziale di ossi nel tessuto, promuovendo l'angiogenesi e di conseguenza l'arrivo dei nutrienti e deí fibroblasti, permettendo il processo di guarigione del danno in tessuti scarsamente vascolarizzati (59).
È stato dimostrato che l'HBO 2 migliora o risolve l'HC in da radiazione dall'81% al 96% dei casi (60, 61), sebbene uno studio di Del Pizzo e collaboratori abbia messo in discus la sua curabilità (62). Nel breve periodo 8 pazienti su 11 (72%) hanno avuto una risposta favorevole, ma dopo una mediana di follow-up di 5,1 anni, solo 3 su 11 (27%) hanno beneficiato di una risposta duratura all'HBO 2 e i 5 rimanenti hanno richiesto una derivazione urinaria. Questo studio en nuovamente il concetto secondo cui il danno da ra è una progressiva endoarterite che prosegue anche molto tempo dopo la fine della terapia. Gli effetti collaterali dell'HBO 2 non sono comuni e includono otalgia e claustrofo (60). Diversamente dalle terapie intravescicali, non causa LUTS, fibrosi della parete vescicale o riduzione della capacità vestitale, ma il trattamento è lungo e costoso e può essere fat solo in centri specializzati. Per questi motivi l'HBO 2 non è usato comunemente e anche se disponibile non può essere at raccomandato per l'HC a causa della sua mancanza di durabilità.
Gli agenti intravescicali rappresentano un'ulteriore opzione in caso di fallimento dell'irrigazione continua o del trattamen endoscopico. Questi agenti sono essenzialmente dei cau chimici per l'intero urotelio (55). La loro utilità è ovvia, dato che l'ematuria indotta da radiazioni è abitualmente diffusa e, quindi, difficilmente controllabile con la diatermia.
L'Alum è un ben noto agente intravescicale per le cistiti da radiazione e da ciclofosfamide. È somministrato in soluzione all'i% con irrigazione continua per 1-4 giorni e non richiede anestesia (55). Gli effetti collaterali più comuni sono il dolore sovrapubico e il tenesmo vescicale che possono essere control usando analgesici o anticolinergici. Anche la febbricola è comune, così come gli aumenti del PT e dell'alluminio sieri L'alluminio può essere assorbito attraverso le pareti di una vescica infiammata e la somministrazione prolungata aumen l'assorbimento (55). La tossicità da alluminio è rara in questa terapia, ma può essere presente come encefalopatia o svenimenti ed è stata riportata in pazienti con una si preesistente insufficienza renale (64). La du della terapia dovrebbe essere limitata e i livelli sierici di alluminio monitorizzati in pazienti con danno renale (64). Eccetto questa rara, potenzialmente devastante, com l'alluminio intravescicale è ben tollerato con minimi effetti collaterali. L'Alum è efficace nella risoluzione completa dell'ematuria acuta fino al 100% dei casi ma le recidive tardive sono comuni (65). Sebbene l'Alum sia spesso indicato come prima scelta nell'irrigazione della vescica per HC (55), i dati sul suo uso sono limitati e tutte le serie riportate sono piccole e senza gruppo di controllo.
La formalina (formaldeide al 37,8%) come soluzione 1-10% è stata usata in passato per trattare le HC. Richiede anestesia generale o spinale, dal momento che è dolorosa. Prima dell'in deve essere eseguito un cistouretroogramma minzio per escludere la presenza di un reflusso vescico-ureterale, poiché la risalita della formalina negli uretri potrebbe esitare in un'ostruzione uretrale e insufficienza renale. Sono comuni do post-procedura, disuria, ridotta capacità vescicale, urgenza e incontinenza da urgenza (66). L'anuria da edema e ostruzio della giunzione uretero-vescicale sono complicanze serie e possono presentarsi anche senza evidenza di reflusso (66). No la sua efficacia nel controllare l'ematuria sia dell'85% (66), la difficoltà nella somministrazione e le complicanze po letali ne fanno una scelta impopolare.
Il nitrato d'argento in soluzione allo 0,25-1,00% è stato usa per il controllo delle HC ma non ci sono report nell'uso delle HC da radiazione. Sono state notate complicanze significative come fibrosi della vescica, stenosi ureterale e ostruzione in caso di reflusso. Come per la formalina, il reflusso vescico-ureterale deve essere escluso in precedenza.
L'acido ialuronico intravescicale (cystistat), la naturale bar protettiva dell'urotelio, è stato utilizzato per trattare le cistiti interstiziali, le cistiti emorragiche e le infezioni ricorrenti del tratto urinario. È attualmente approvato solo in Europa e Canada. Esiste un unico report di una piccola serie di pa in cui l'acido ialuronico è stato utilizzato nelle HC (67). Dei 7 pazienti con HC dopo trapianto di cellule staminali, 5 hanno ottenuto una risposta completa al trattamento. Questa terapia è ben tollerata e, virtualmente, non ha nessun effetto collaterale. A differenza di tutte le altre terapie intravescicali che esitano in una forma di cauterizzazione chimica, l'acido ialuronico facilita la guarigione e la protezione dell'epitelio ve rendendolo una terapia promettente anche se a oggi non ancora ben studiata.
Nell'eventualità di un sanguinamento da HC che metta a rischio la vita del paziente, dopo il fallimento dell'irri vescicale, della terapia intravescicale e della folgo endoscopica, solo l'embolizzazione iliaca interna o la derivazione urinaria con o senza cistectomia rimane un'opzione salvavita. L'embolizzazione dell'iliaca interna è la meno invasiva di queste procedure ma ci sono pochi report sul suo uso nell'HC indotta da radiazioni. Ci sono report sull'embolizzazione dell'arteria iliaca interna per il controllo di ematuria significativa nel cancro inoperabile della vescica, con percentuali di successo variabili dal 75% al 100% dei casi (68, 69). Se l'embolizzazione unilaterale fallisce nel controllo dell'ematuria si può effettuare una procedura bilaterale. Dopo l'embolizzazione dell'iliaca interna c'è un potenziale rischio d'ischemia e necrosi degli altri organi pelvici, specialmente nel contesto di una pelvi precedentemente irradiata. Il dolore al gluteo è comune (69) ma sono stati riportati casi di necrosi della vescica (70), del retto, del plesso lombosacrale e del mu gluteo (71).
Se l'embolizzazione e tutti gli altri metodi di gestione con falliscono nel risolvere l'ematuria, può essere richiesta la derivazione urinaria. Quando l'urina viene deviata dalla ve questa non si distende, riducendosi il rischio di rottura dei fragili vasi superficiali e diminuendo l'apporto vascolare all'organo. Una nefrotomia percutanea può essere posiziona
ta in anestesia locale con o senza redazione ed è in grado di migliorare il quadro di una HC refrattaria fino all'87% dei pazienti entro 10 giorni, con una risposta duratura nel 69%. Se questo approccio ha successo, può essere posizionata una nefrotomia definitiva o le urine possono essere definitivamente derivate con un condotto ileale.
L'ultima risorsa per l'HC refrattaria è la cistectomia con de urinaria. La cistectomia radicale è una chirurgia ad alto rischio di morbilità con il 2% di mortalità e il 22% di morbilità in una serie contemporanea (73). Il tasso di com è significativamente maggiore nei pazienti che hanno ricevuto un'irradiazione della pelvi a scopo curativo (73). Ciò non sorprende poiché questi pazienti hanno compromissioni vascolari causate dalla radioterapia e sono maggiormente debi malnutriti e anemici a causa dell'ematuria refrattaria. La cistectomia semplice è una procedura attuabile con molta meno morbilità, ed è solitamente condotta facilmente a termine anche dopo radioterapia pelvica (74). Lasciare la vescica in situ dovrebbe essere, se possibile, evitato a ogni costo perché tende a dare complicanze significative. In una serie sul destino delle vesciche dopo derivazione urinaria per varie ragioni, si sono verificate complicanze nel 54% dei casi, incluso sanguinamento uretrale (8%), infezioni (13%) e fran piocisti (33%) (75). Il tasso di complicanze aumenta fino al 67% in vesciche preventivamente irradiate ed emorragie si sono verificate fino al 23% dei casi.


Incontinenza
L'incontinenza urinaria è la complicanza più temuta dopo qualsiasi terapia per il cancro della prostata. A differenza dell'incontinenza urinaria post-prostatectomia che si presenta subito dopo la chirurgia, l'incontinenza dopo radioterapia rap una complicanza tardiva e sfortunatamente non rara.
Dopo EBRT il tasso d'incontinenza varia dallo 0% al 73% e questo tasso è largamente dipendente dalla definizione d'in (1, 2, 8, 37, 48, 49, 54). L'incontinenza, definita come la necessità di uno sfintere urinario artificiale, avviene in meno dell'i °/o degli uomini (48), e in un'indagine sulla qualità della vita il 13% degli uomini ha riferito incontinenza urinaria, ma solo il 2% indossava pannolini. In contrasto con l'incon urinaria post-operatoria, che è primariamente da stress per danno dello sfintere (77), l'incontinenza dopo l'EBRT è da urgenza in una percentuale variabile fra il 51% e l'84% degli uomini (1, 2, 54).
Anche dopo la brachiterapia il tasso di incontinenza è variabile andando dallo 0% al 61% (8). In studi osservazionali, dal 26% al 45% degli uomini ha riportato incontinenza (16, 27), ma solo un terzo richiedeva pannolini (27). I sondaggi con questionari o interviste da parte di terzi sono ritenuti i sistemi più corretti per valutare l'incidenza di complicanze dopo prostatectomia radi o radioterapia poiché in genere riportano incidenze ben più alte rispetto a quelle riportate daí medici curanti (27).
Gli uomini sono molto più a rischio d'incontinenza dopo brachiterapia se 1'I-PSS prima dell'impianto è maggiore di 15 e se la dosimetria ureterale media con D10 (la dose massima che copre il 10% del volume ur     etrale) è alto. Tuttavia, non c'è   
associazione tra incontinenza e volume prostatico, numero di aghi o dose totale di radiazione (16).
Il fatto di essere stati sottoposti a TURP pre-trattamento ha effetti controversi sulla continenza successiva. È stato riportato che una pregressa TURP può aumentare il rischio di inconti dopo EBRT (49), essere protettiva nei confronti delle complicanze urinarie (36) o non avere alcun effetto (9). Anche dopo brachiterapia la relazione tra TURP e incontinenza non è chiara. In un sondaggio, dopo brachiterapia con o senza boost esterno, l'83% degli uomini che aveva subìto una TURP ha riferito incontinenza contro il 39% di quelli senza storia di TURP (p = 0,005) (27). Altri studi riportano tassi d'inconti tra I'll% e il 31% dopo brachiterapia e pregressa TURP (3, 78) e alcuni riportano 0% di incontinenza (79). Clinica in caso di cistoscopia nel follow-up dopo brachiterapia si sono rivelati diversi gradi di necrosi superficiale dell'uretra (aree irregolari, concrezioni mucoidi miste con calcificazioni aderenti alla parete della cavità della prostata resecata) prima dello sviluppo dell'incontinenza (3). Una pregressa TURP è vista da molti come una controindicazione per la brachiterapia. Tuttavia, altri pensano che sia sicura a condizione che il pazien mantenga un minimo di 1 cm di tessuto intorno alla loggia di resezione (così da poter sopportare la sorgente radioattiva) e un intervallo minimo di 2 mesi tra la TURP e la brachiterapia (78, 79). Quando non si sono rispettate queste condizioni è stata riportata una fistola rettouretrale (78).
Se un uomo si presenta con incontinenza dopo radiotera si devono escludere una stenosi dell'uretra o altre forme di ostruzione con un'uroflussometria e una valutazione del residuo post-minzionale (Fig. 3). Dovrebbe essere eseguita una cistoscopia, specialmente dopo brachiterapia, per stimare la presenza di un'eventuale necrosi dell'uretra. Devono essere eseguite analisi delle urine e urinocoltura per escludere IVU come causa d'incontinenza, mentre il test del peso dei pan sulle 24 ore è un metodo eccellente per quantificare il volume dell'incontinenza. Un'accurata anamnesi del tempo e dell'inizio dell'incontinenza, così come di altri LUTS quali urgenza e frequenza, può aiutare a differenziare l'incontinenza da urgenza da quella da stress. In ogni caso uno studio urodi è essenziale prima di ogni intervento chirurgico per definire chiaramente il tipo d'incontinenza, poiché i tratta per l'incontinenza da stress post-radioterapia e quelli per l'incontinenza da urgenza sono differenti.
L'incontinenza urinaria da urgenza va trattata in modo gra con l'iniziale educazione del paziente (la gestione dei liquidi assunti, astensione da irritanti) e fisioterapia del pavi pelvico. Farmaci di prima linea sono gli alfa-bloccanti; successivamente possono essere aggiunti gli antimuscarinici per aumentarne l'efficacia. Se Eurodinamica rileva una vesci piccola e contratta, una cistoplastica di ampliamento può essere un'opzione da prendere in considerazione, ma bisogna tenere in conto l'alta morbilità, specialmente in una pelvi pre irradiata.
La derivazione urinaria con o senza cistectomia è l'ultima opzione, anche se la cistectomia semplice resta opzione pre dato che una vescica defunzionalizzata lasciata in situ tende a dare complicanze (75).
Non ci sono attualmente evidenze di buon livello in merito alla neuromodulazione sacrale o alle iniezioni di tossina bo in vescica come trattamento dell'incontinenza dopo terapia radiante.
L'incontinenza da stress dopo radioterapia urodinamicamen confermata può essere trattata inizialmente con fisioterapia riabilitativa del pavimento pelvico e biofeedback. Gli «stringi pene» o i condom di raccolta rappresentano opzioni non invasi ma spesso male accettate dai pazienti, gli sling perineali con ancoraggio all'osso sono efficaci nel contrastare l'incontinenza da stress post-RT e permettono uno svuotamento fisiologico.
Il fatto di essere stati precedentemente sottoposti a RT non è predittivo di risultati peggiori quando comparato con la sola prostatectomia. L'unica variabile predittiva per un fallimento della chirurgia è un peso dei pannoloni nelle 24 ore > 400 mg (80).
Eimpianto di uno sfintere urinario artificiale (AUS) è un'op se l'incontinenza supera i 400 mg al giorno, e il paziente è fisicamente e mentalmente capace di amministrare il dispo L'AUS è stato impiantato con successo dopo RT prosta (81, 82). Se il rischio di complicanze sia aumentato o no con AUS dopo radioterapia è controverso. In un grande studio di 270 pazienti con AUS, inclusi 60 che avevano precedente ricevuto una radioterapia prostatica, non è stata trovata differenza in infezioni, erosioni, atrofia dell'uretra o revisioni/ rimozioni chirurgiche (81). Tuttavia, gli autori hanno notato un più alto tasso di contratture del collo vescicale nel gruppo irradiato. Ci sono parecchie modifiche che sono state proposte come una possibilità di ridurre le complicanze dopo l'impian di un AUS, soprattutto nella popolazione irradiata, incluso l'abbassamento della pressione nel palloncino, l'attivazione ol le 4 settimane dall'impianto e la disattivazione notturna. Nessuna di queste modificazioni è stata usata in questa popola e dunque gli autori non raccomandano nessuna modifica per il gruppo irradiato (81). Altre serie di casi hanno indicato che l'atrofia uretrale, infezioni ed erosioni siano molto più co dopo irradiazione (82). In un'analisi per la gestione di 54 erosioni, una precedente radioterapia è stata identificata come un significativo fattore di rischio per questa complicanza (83). Sebbene sia richiesta cautela quando si impianta un AUS dopo radioterapia, c'è un'ampia evidenza che la procedura sia sicura ed efficace in questo gruppo.


Il fatto di essere stati sottoposti a TURP pre-trattamento ha effetti controversi sulla continenza successiva. È stato riportato che una pregressa TURP può aumentare il rischio di inconti dopo EBRT (49), essere protettiva nei confronti delle complicanze urinarie (36) o non avere alcun effetto (9). Anche dopo brachiterapia la relazione tra TURP e incontinenza non è chiara. In un sondaggio, dopo brachiterapia con o senza boost esterno, l'83% degli uomini che aveva subìto una TURP ha riferito incontinenza contro il 39% di quelli senza storia di TURP (p = 0,005) (27). Altri studi riportano tassi d'inconti tra I'll% e il 31% dopo brachiterapia e pregressa TURP (3, 78) e alcuni riportano 0% di incontinenza (79). Clinica in caso di cistoscopia nel follow-up dopo brachiterapia si sono rivelati diversi gradi di necrosi superficiale dell'uretra (aree irregolari, concrezioni mucoidi miste con calcificazioni aderenti alla parete della cavità della prostata resecata) prima dello sviluppo dell'incontinenza (3). Una pregressa TURP è vista da molti come una controindicazione per la brachiterapia. Tuttavia, altri pensano che sia sicura a condizione che il pazien mantenga un minimo di 1 cm di tessuto intorno alla loggia di resezione (così da poter sopportare la sorgente radioattiva) e un intervallo minimo di 2 mesi tra la TURP e la brachiterapia (78, 79). Quando non si sono rispettate queste condizioni è stata riportata una fistola rettouretrale (78).
Se un uomo si presenta con incontinenza dopo radiotera si devono escludere una stenosi dell'uretra o altre forme di ostruzione con un'uroflussometria e una valutazione del residuo post-minzionale (Fig. 3). Dovrebbe essere eseguita una cistoscopia, specialmente dopo brachiterapia, per stimare la presenza di un'eventuale necrosi dell'uretra. Devono essere eseguite analisi delle urine e urinocoltura per escludere IVU come causa d'incontinenza, mentre il test del peso dei pan sulle 24 ore è un metodo eccellente per quantificare il volume dell'incontinenza. Un'accurata anamnesi del tempo e dell'inizio dell'incontinenza, così come di altri LUTS quali urgenza e frequenza, può aiutare a differenziare l'incontinenza da urgenza da quella da stress. In ogni caso uno studio urodi è essenziale prima di ogni intervento chirurgico per definire chiaramente il tipo d'incontinenza, poiché i tratta per l'incontinenza da stress post-radioterapia e quelli per l'incontinenza da urgenza sono differenti.
L'incontinenza urinaria da urgenza va trattata in modo gra con l'iniziale educazione del paziente (la gestione dei liquidi assunti, astensione da irritanti) e fisioterapia del pavi pelvico. Farmaci di prima linea sono gli alfa-bloccanti; successivamente possono essere aggiunti gli antimuscarinici per aumentarne l'efficacia. Se Eurodinamica rileva una vesci piccola e contratta, una cistoplastica di ampliamento può essere un'opzione da prendere in considerazione, ma bisogna tenere in conto l'alta morbilità, specialmente in una pelvi pre irradiata.
La derivazione urinaria con o senza cistectomia è l'ultima opzione, anche se la cistectomia semplice resta opzione pre dato che una vescica defunzionalizzata lasciata in situ tende a dare complicanze (75).
Non ci sono attualmente evidenze di buon livello in merito alla neuromodulazione sacrale o alle iniezioni di tossina bo in vescica come trattamento dell'incontinenza dopo terapia radiante.
L'incontinenza da stress dopo radioterapia urodinamicamen confermata può essere trattata inizialmente con fisioterapia riabilitativa del pavimento pelvico e biofeedback. Gli «stringi pene» o i condom di raccolta rappresentano opzioni non invasi ma spesso male accettate dai pazienti, gli sling perineali con ancoraggio all'osso sono efficaci nel contrastare l'incontinenza da stress post-RT e permettono uno svuotamento fisiologico.
Il fatto di essere stati precedentemente sottoposti a RT non è predittivo di risultati peggiori quando comparato con la sola prostatectomia. L'unica variabile predittiva per un fallimento della chirurgia è un peso dei pannoloni nelle 24 ore > 400 mg (80).
Eimpianto di uno sfintere urinario artificiale (AUS) è un'op se l'incontinenza supera i 400 mg al giorno, e il paziente è fisicamente e mentalmente capace di amministrare il dispo L'AUS è stato impiantato con successo dopo RT prosta (81, 82). Se il rischio di complicanze sia aumentato o no con AUS dopo radioterapia è controverso. In un grande studio di 270 pazienti con AUS, inclusi 60 che avevano precedente ricevuto una radioterapia prostatica, non è stata trovata differenza in infezioni, erosioni, atrofia dell'uretra o revisioni/ rimozioni chirurgiche (81). Tuttavia, gli autori hanno notato un più alto tasso di contratture del collo vescicale nel gruppo irradiato. Ci sono parecchie modifiche che sono state proposte come una possibilità di ridurre le complicanze dopo l'impian di un AUS, soprattutto nella popolazione irradiata, incluso l'abbassamento della pressione nel palloncino, l'attivazione ol le 4 settimane dall'impianto e la disattivazione notturna. Nessuna di queste modificazioni è stata usata in questa popola e dunque gli autori non raccomandano nessuna modifica per il gruppo irradiato (81). Altre serie di casi hanno indicato che l'atrofia uretrale, infezioni ed erosioni siano molto più co dopo irradiazione (82). In un'analisi per la gestione di 54 erosioni, una precedente radioterapia è stata identificata come un significativo fattore di rischio per questa complicanza (83). Sebbene sia richiesta cautela quando si impianta un AUS dopo radioterapia, c'è un'ampia evidenza che la procedura sia sicura ed efficace in questo gruppo.






Fistola rettouretrale

La fistola rettouretrale (RUF) è un delle più devastanti com che si possano manifestare dopo radioterapia sulla prostata. Sfortunatamente la chiusura spontanea di questo tipo di fistola è molto rara e la riparazione chirurgica con lembi o la derivazione urinaria o intestinale si rendono spesso necessari (90).
Il tasso di fistolizzazione è difficile da valutare poiché sono complicanze poco comuni e possono manifestarsi anche 20 anni dopo la terapia radiante (91). Comunque, l'incidenza riportata varia molto in relazione a quanto a lungo vengono seguiti i pazienti e in base alle modalità di esecuzione della radioterapia. Dopo la sola radioterapia esterna, le fistole sono estremamente rare. In un'ampia revisione sistematica della American Society for Therapeutic Radiology and Oncology non è stata riportata alcuna RUF sia dopo 3D-CRT sia dopo radioterapia convenzionale (20) ma sono state riportate in al serie di casi (92). Le RUF si sono sviluppate nello 0,2% dei pazienti sottoposti alla sola brachiterapia (17, 93) e nel 2,8% dei pazienti dopo brachiterapia combinata con EBRT (17). La brachiterapia di salvataggio per fallimento biochimico dopo EBRT ha un allarmante tasso di fistolizzazione che varia tra 1'8,8% e il 13% (17, 94).
Le RUF si presentano generalmente dopo un tempo medio di 1-3 anni dalla radioterapia ma sono state riportate anche dopo 4,4 mesi (17, 91, 93-95). Le più comuni manifestazioni sono perdita di urina dal retto, dolore, fecaluria, IVU intratta ematuria o sanguinamento rettale che possono addirittura risultare pericolosi per la sopravvivenza (17, 87, 91, 92). Un rischio significativo per lo sviluppo di RUF sono le biop rettali, generalmente per sintomi rettali. In alcuni studi tra 1'85 e il 100% delle fistole si sono formate tra 3 e 4 mesi dopo una biopsia rettale o una emorroidectomia (17, 93, 95). La sola valutazione endoscopica del retto non causa fistoliz (17). Le serie di casistiche pubblicate hanno prodotto una massa di informazione sulle RUF e quindi la decisione sul trattamento risulta difficile da prendere.
I pazienti si possono inizialmente presentare con sepsi o sanguinamento importante, e quindi devono in primo luogo essere stabilizzati e qualsiasi complicanza rischiosa per la so risolta (Fig. 4). Una CT con urogramma escluderà gli ascessi intra-addominali o ostruzioni ureterali. Una volta che il paziente sia stabilizzato, si possono eseguire esami che richiedono anestesia (colonscopia e cistoscopia) e s'inserisce un catetere sovrapubico. La riparazione della fistola o la deriva urinaria dovrebbero essere dilazionate di 3-6 mesi, dato che il paziente molto probabilmente avrà bassi livelli di albumina e anemia, che esiterebbero in un processo di guarigione non ottimale. La terapia con ossigeno iperbarico è stata tentata per guarire una RUF dopo l'inserzione di un catetere, ma i risultati sono stati deludenti (17, 87, 95).
Molti autori raccomandano un'iniziale derivazione fe (87, 91-93, 95), ma molti fattori devono essere presi in considerazione prima di intraprendere questa via. L'età del pa e le comorbidità determineranno se il paziente potrà tollerare diversi momenti di chirurgia ricostruttiva. Lo stadio del tumore e la motivazione del paziente nel mantenere le funzioni fisiologiche intestinali e urinarie devono essere presi in con Deve essere valutata la competenza dello sfintere anale, in quanto, se compromesso, il paziente avrà incontinen fecale malgrado la riparazione della fistola.
Deve essere documentata la grandezza della fistola e la sua sede, come anche qualsiasi fistola associata perianale o uretrale e le condizioni e il grado di necrosi dei tessuti adiacenti. La continenza urinaria e le stenosi uretrali associate devono essere documentate, come anche la capacità della vescica alla cistosco Se c'è un danno severo allo sfintere anale o il paziente non può tollerare o non vuole una ricostruzione, una derivazione fecale permanente (colostomia terminale) potrebbe essere pre rispetto a una temporanea (ileostomia o colostomia ad ansa). Nell'eventualità che la vescica e il retto siano salvabili, dovrebbero essere lasciati almeno da 3 a 6 mesi per la guarigio dopo la cateterizzazione sovrapubica e la colostomia/ileo prima di intraprendere qualsiasi tipo ricostruzione. La procedura di York Mason potrebbe essere possibile, ma spesso
i tessuti irradiati non consentono questo tipo di riparazione. Una riparazione di una fistola rettouretrale perineale con un lembo del gracile è stata effettuata con successo, ma una biop della fistola durante la procedura è raccomandata dato che sono stati riportati casi di cancro secondario (87).
Indipendentemente dall'approccio, le recidive sono comuni e un lembo di tessuto sano è necessario per coprire la ripara Se dopo 3-6 mesi la vescica non è salvabile a causa della cistite da radiazione, o di stenosi uretrali severe o d'inconti urinaria severa, si dovrà confezionare un condotto ileale con una cistectomia semplice. Quando possibile, la vescica non dovrebbe essere lasciata in situ per l'elevato rischio di compli come emorragie, formazione di ascessi (92) e piocisti, accumulo di detriti mucosi e fluidi con infezioni secondarie nella vescica defunzionalizzata (75).


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