La sorveglianza attiva o vigile attesa (Watchful Waiting)
Per vigile attesa (VA) si intende quella strategia terapeutica basata sul procrastinare un qualsiasi trattamento
(chirugico, radioterapico, ormonale) fin quando questo non sia ritenuto assolutamente necessario.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21464416
I pazienti con Cancro Prostatico localizzato ed aspettativa di vita superiore a 10 anni
, "non sottoposti a trattamento attivo",
presentano una mortalità maggiore
rispetto a quelli "attivamente trattati".
Su quali tumori della prostata si può fare sorveglianza attiva e non intervenire ?
Stadio clinico di malattia |
Indicazione |
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Quando sono tumori bene e moderatamente differenziati in pazienti con aspettativa di vita <10 anni. |
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PSA ed esplorazione rettale ogni 3 mesi per 2 anni
poi in casi di psa stabile
ogni 6 mesi
BIOPSIA PROSTATICA ad un anno,
e quindi ogni 3 anni fino all'età di 80 anni
Cosa è il tumore prostatico indolente ?
J.J. Tosoian, et al. Active Surveillance Program for Prostate Cancer: An Update of the Johns Hopkins Experience. Journal of Clinical Oncology, published online on 4 April 2011. DOI:10.1200/JCO.2010.32.8112
Per vigile attesa (VA) si intende quella strategia terapeutica basata sul PROCRASTINARE qualsiasi trattamento fin quando questo non sia ritenuto assolutamente necessario.
Esistono 2 tipi di VIGILE ATTESA:
"vigile attesa" propriamente detta, secondo cui il trattamento differito ha un intento esclusivamente palliativo e viene intrapreso in caso di progressione locale o sistemica della malattia prostatica
"sorveglianza attiva", che prevede un trattamento differito però con intento curativo, nel caso in cui si verifichi una progressione biochimica o istologica di malattia.
Alla stato attuale non conosciamo quali sono i tumori a progressione da quelli a scarsa tendenza alla progressione. Conosciamo invece i rischi di un sovratrattamento e le complicanze ad esso legate nonostante si tratti una malattia che sarebbe stata lunga e relativamente favorevole e sopratutto non importante per la vita del paziente.
L'obiettivo è quindi quello di definire quale giusta terapia del carcinoma prostatico organo-confinato.
La sopravvivenza cancro-specifica a 10 anni, nei pazienti con CaP organo-confinato in VA, varia dall'83% 170 all'87%.
Tuttavia, nei pazienti così seguiti, ad un follow- up di 20 anni, è stato riscontrato un incremento notevole della mortalità cancro-specifica.
Il grado di differenziazione istologica del tumore, gioca un ruolo importante, la sopravvivenza a 10 anni è nettamente inferiore nei pazienti con tumore di grado 3 rispetto a quelli con CaP di grado 1- 2 (vedere che cosa è il grading). Nonostante sia stata riscontrata una sopravvivenza cancrospecifica sovrapponibile nei pazienti con CaP di grado 1 e in quelli di grado 2, la sopravvivenza libera da metastasi è risultata nettamente a favore del gruppo con un grado tumorale inferiore (81% in quelli con CaP di grado 1 vs 58% di quelli con CaP di grado 2).
Inoltre, a parità di stadio clinico (TNM) , è stato documentato un rischio di progressione di malattia più elevato nei pazienti con tumore moderatamente differenziato.
Pazienti in stadio T1a di grado 1 e 2, pur presentando una sopravvivenza cancro-specifica a 10 anni sovrapponibile (rispettivamente del 96 e del 94%), mostrano percentuali di sopravvivenza libera da metastasi significativamente migliori quando il grado tumorale è più basso (92 vs 78%).
Sulla base del " Gleason score", si è riscontrato che vi è un rapporto diretto tra punteggio più elevato e rischio di morte per CaP.
Sembrerebbe essere confermato che i pazienti con CaP localizzato ed aspettativa di vita superiore a 10 anni, "non sottoposti a trattamento attivo",
presentano una mortalità maggiore rispetto a quelli "attivamente trattati".
Le variazioni del PSA nel tempo, sembrano non correlarsi strettamente al rischio di progressione di malattia; tuttavia, quei pazienti che presentano valori di PSA < 3 ng/ml, non presenterebbero una significativa mortalità cancro-specifica durante i primi 10 anni di follow-up.
Bill-Axelson e colleghi hanno documentato un significativo vantaggio della chirurgia radicale rispetto alla Vigile Attesa con un follow-up di 10 anni, in termini di riduzione della mortalità cancro-specifica (44%), della mortalità globale (26%), del rischio di metastasi a distanza (40%) e del rischio di progressione locale di malattia (67%).
La riduzione della mortalità cancro-specifica nei pazienti sottoposti a Prostatectomia Radicale risulta più significativa nei soggetti di età inferiore a 65 anni: in questo gruppo di pazienti "più giovani", ad un follow-up di 10 anni, il 19% dei pazienti in Vigile Attesa era deceduto per CaP, contro l'8,5% di coloro che erano stati sottoposti a Prostatectomia Radicale.
Questo dato è in linea con la convinzione ampiamente diffusa di considerare candidato ideale alla chirurgia il paziente di età ≤ 65 anni in buone condizioni generali.
Valutando i risultati a lungo termine (fino a 20 anni) della Vigile Attesa è emerso, altresì, che pazienti più giovani, con un "Gleason score" più alto, hanno una maggiore probabilità di morire per CaP quando trattati conservativamente. É stata riscontrata una evidente differenza fra il gruppo sottoposto a Prostatectomia Radicale e quello in Vigile Attesa anche in termini di progressione locale di malattia con conseguente più frequente insorgenza di disturbi minzionali, dolore e ansia nel gruppo in Vigile Attesa.
Anche la necessità di un trattamento palliativo (ormonale e/o radiante) è risultata maggiore nel gruppo in VA. I risultati dello studio comparativo di Bill-Axelson potrebbero non essere applicabili nei pazienti in stadio clinico T1c, che rappresentavano solo il 12% dei casi esaminati. Poiché in questo gruppo di pazienti è importante considerare il "lead time" (cioè il tempo che intercorre fra l'identificazione del tumore con lo screening del PSA e l'identificazione del tumore stesso in assenza di screening) che può essere anche ≥ 10 anni in assenza di trattamento, la storia naturale di questo tipo di tumore dovrebbe essere ragionevolmente più favorevole rispetto al Cancro Prostatico individuato con l'esame obiettivo e/o l'ecografia transrettale.
Occorre inoltre sottolineare che i pazienti con CaP in stadio clinico T1c sono destinati a convivere più a lungo con le eventuali complicanze derivanti da una terapia radicale prima di godere del benefico legato ad una maggiore sopravvivenza.
Conclusioni
Conclusioni
Il candidato ideale alla VA, potrebbe essere dunque rappresentato dal paziente relativamente "anziano", soprattutto se con co-morbilità associate, con "Gleason score" basso. In termini di sopravvivenza libera da metastasi, il beneficio assoluto della chirurgia sulla VA è risultato del 10%. Ne consegue che il 90% dei pazienti non trarrebbe beneficio dalla PR.
Al fine di individuare questo gruppo di pazienti, si potrebbe pensare di ricorrere inizialmente alla sorveglianza attiva.
Il trattamento radicale potrebbe essere indicato solo per coloro che presentassero una progressione biochimica o istologica durante il periodo di stretta osservazione.
Una sorveglianza attiva con eventuale successivo intervento radicale selettivo, deciso sulla base del "PSA doubling time" (PSADT) o della "PSA velocity", potrebbe rappresentare un realistico compromesso fra trattamento radicale da proporre a tutti i pazienti (con il rischio di un sovratrattamento per i CaP indolenti) e Vigile Attesa, con eventuale terapia palliativa differita (con il rischio di un trattamento insufficiente per i CaP aggressivi).
Un PSA DT ≤ 3 anni o una "PSA velocity" > 2 ng/ml/anno potrebbero ragionevolmente identificare un gruppo di pazienti a rischio di progressione di malattia.