Ipertrofia prostatica : storia naturale
Si definisce IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA (IPB) quella malattia della prostata caratterizzata dalla proliferazione della componente parenchimale e stromale , che inizia nella zona centrale (detta di transizione o delle ghiandole peruretrali) e che aumenta progressivamente sottoforma di noduli che vanno a comprimere il lume della uretra prostatica .
Si definisce IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA (IPB) l'ingrandimento della prostata (quindi la iperplasia) accompagnato dalla presenza di LUTS e di ostruzione al deflusso urinario.
L' iperplasia prostatica benigna (Benign Prostatic Hyperplasia, BPH) è una malattia che ha quindi connotazioni diverse per l'anatomo patologo, per il radiologo, per l'urodinamista, per l'urologo e per il paziente.
Per l' anatomo-patologo, la BPH è una diagnosi microscopica caratterizzata da proliferazione cellulare de elementi stromali ed epiteliali della prostata . Tale processo inizia nella zona di transizione e nelle ghiandole periuretrali ed è raro sotto i 40 anni. Se invece osserviamo il settantenne ed il novantenne , segni di proliferazione cellulare li troviamo nel 70 e 90 % dei casi. Lo sviluppo di questa IPB microscopica richiede l'invecchiamento e la presenza di androgeni.
Per il radiologo è la presenza di un sollevamento della base della vescica nella fase cistografica in corso di urografia, o in presenza di un aumento di dimensioni della prostata in corso di diagnostica ecografica.
Per l'urodinamista è la simultanea osservazione di un'elevata pressione di svuotamento e di basso flusso urinario, in assenza di altri processi patologici che provochino ostruzione allo svuota vescicale.
Per l'urologo un insieme di segni e sintomi , chiamati LUTS , che si sviluppano nella popolazione maschile in concomitanza dell'invecchiamento e dell'aumento delle dimensioni della prostata.
Per il paziente è l'impatto della malattia sulla qualità di vita piuttosto che la presenza di proliferazione cellulare, di aumento delle dimensioni prostatiche o di elevata pressione di svuotamento.
Quindi la terminologia urologica anglosassone riconosce tre condizioni:
l'ipertrofia prostatica (BPE, Benign Prostatic Enlargement), cioè l'aumento volumetrico della ghiandola così come si può apprezzare all'esplorazione rettale o misurare con l'ecografia,
l'ostruzione prostatica (BPO, Benign Prostatic Obstruction), che è una diagnosi urodinamica di ostruzione cervico-uretrale legata all'ipertrofia prostatica,
l'ipertrofia prostatica (BPH, Benign Prostatic Hyperplasia) che è una diagnosi istologica conseguente, solitamente, a una procedura bioptica o chirurgica.
L'iperplasia prostatica benigna (IPB) è dovuta a un'iperplasia sia della componente epiteliale sia di quella stromale della ghiandola stessa. Prende origine dalla zona di transizione e della zona preprostatica, nella regione periuretrale, dove è localizzata la componente ghiandolare.
Come per le altre ghiandole il trofismo e l'omeostasi della prostata dipendono da uno stato ormonale ottimale il cui equilibrio viene meno con l'aumentare dell'età; perciò una distinzione tra senescenza della prostata e malattia è alquanto ardua, al punto che molti autori considerano l'iperplasia nodulare un vero e proprio fenomeno fisiologico.
Studi morfologici, infatti, indicano che un aumento di volume della zona di transizione si ha già dopo i 40 anni e che le modificazioni istologiche dell'iperplasia non si riscontrano in più del 50% dei soggetti dopo i 50 anni e nel 100% dopo i 90.
Le modificazioni istologiche dell'iperplasia consistono in un'iperplasia a carattere "nodulare" delle componenti ghiandolare e stromale (fibrosa e muscolare che giustificano il termine di iperplasia fibro-adeno-leiomiomatosa. Sebbene l'interessamento delle tre componenti sia contemporaneo, una di esse può essere prevalente dando così origine a varie combinazioni istologiche, il cui valore pratico è di poco conto.
Non sono completamente note, a tutt'oggi, né le cause né la patogenesi dell'iperplasia nodulare.
Ma perchè si realizza la ipertrofia prostatica ?